Il bioetanolo si ricaverà dai tunicati

Quello della sostenibilità è senz’altro uno dei temi del momento e il futuro del pianeta passa in qualche modo anche dalla tutela dell’ambiente marino.

Oltre ad essere una risorsa preziosa, il mare può però diventare anche una fonte di energia: lo sostiene una ricerca norvegese condotta da un team di scienziati dell’Università di Bergen e di Uni Research (un istituto specializzato nel campo dell’energia, della biologia molecolare marina e dell’ambiente), che hanno individuato nei tunicati una fonte per la produzione di biocarburanti.

Nonostante l’aspetto più simile ad un’alga, i tunicati sono animali marini piuttosto comuni e diffusi che appartengono al gruppo dei Cordati; ne esistono diverse sottospecie, che possono differire anche di molto nella morfologia. Il Ciona Intestinalis – la varietà presa in esame dagli scienziati norvegesi – si caratterizza per avere forma cilindrica ed una spessa tunica gelatinosa e traslucida, generalmente biancastra: raggiunge generalmente una lunghezza di 20 cm e popola le acque temperate di tutto il mondo, adattandosi a profondità diverse e sopportando molto bene le variazioni di salinità e l’inquinamento; si tratta, dunque, di organismi piuttosto resistenti, che si riproducono durante tutto l’anno (anche se il picco riproduttivo si verifica nel periodo estivo).

Oltre a purificare l’acqua – presentano un sifone inalante attraverso cui ingeriscono batteri e altri microrganismi, per espellere poi l’acqua “depurata” da un sifone esalante – sono gli unici animali in grado di produrre cellulosa, elemento chiave ai fini del progetto: dalla cellulosa che costituisce il loro rivestimento esterno, infatti, si possono ricavare gli zuccheri necessari per la produzione del bioetanolo. Individuando una fonte alternativa di bioetanolo, le coltivazioni attualmente utilizzate si potrebbero, quindi, destinare all’alimentazione dell’uomo o ad altri scopi, ottimizzando così la gestione delle risorse.

Il progetto, che gode già di un finanziamento governativo pari a circa un milione di euro, prevede di iniziare nel 2014 il trasferimento su scala industriale di questa attività – la cui efficacia è dimostrata finora soltanto in teoria o perlomeno su piccoli numeri. Grazie alla sostanziale assenza di predatori e alla crescita abbondante (in un metro quadrato di superficie marina possono svilupparsi fino a 10 mila individui, per una massa pari a 200 chili di peso), i tunicati potrebbero essere allevati senza problemi fino a raggiungere l’età adulta, per essere poi raccolti e lavorati.

Non mancano naturalmente le difficoltà, soprattutto legate all’eliminazione dell’acqua, che costituisce il 95% della massa corporea di questi organismi. I risultati dei test finora condotti sono, in ogni caso, incoraggianti.

D’altra parte, comunque, i tunicati potrebbero essere anche utilizzati come cibo per i pesci d’allevamento, essendo ricchissimi di proteine e di Omega 3. Insomma, un’ottimizzazione a 360 gradi.

Per ora un progetto pilota è stato avviato con ottimi esiti a Øygarden, una piccola isola vicino a Bergen.

Notizie da Rivamar